lunedì 29 giugno 2015

L'albero di Halloween

L'albero di Halloween è un romanzo breve (anzi brevissimo: 125 pagine) pubblicato da Ray Bradbury nel 1972. 
L'idea iniziale era quella di una sceneggiatura per un film d'animazione, che è poi stato realizzato nel 1993. L'edizione originale americana era accompagnata da una serie di illustrazioni di Joseph Mugnaini; visto che la mia Mondadori non ne ha, sono andata a cercarmele ed essendo particolari ne ho inserita qualcuna qui e là nella recensione :)


E' il tardo pomeriggio dell'ultimo giorno di ottobre quando una manciata di ragazzini esce di casa e si incontra per la strada. Aspettano per oltre trecento giorni la serata più divertente dell'anno, quella per cui è lecito scavare tra le cianfrusaglie in soffitta e scoprire qualche oggetto impolverato o qualche costume tarlato da indossare. Il piano è quello di percorrere la città bussando porta dopo porta, pestando portico dopo portico, passando steccato dopo steccato per poi minacciare i noiosi adulti di tremende conseguenze se in cambio non sganciano il malloppo dolciario. 
Tutto sembra come al solito, solo che manca Pipkin! I ragazzi si fiondano a casa sua a chiamarlo, ma Pip è triste e si stringe la pancia, anche se si sforza di sembrare allegro per non impensierire i suoi amici. Li spedisce in missione nella cava ai margini della città, ad esplorare la vecchia villa diroccata per dimostrare il loro coraggio proprio nel giorno che fa più paura. Promette di raggiungerli però, più tardi dice, voi andate avanti.
E i ragazzi corrono entusiasti verso la casa abbandonata, guidati da Tom, vestito da scheletro, che li porta fino al grottesco batacchio e bussa all'ennesima porta della serata. Ma la villa non è disabitata: il suo proprietario, Mr. Moundshroud (cioè sudario), è pallido e ossuto. Nel giardino sul retro della villa troneggia un albero enorme, ai cui rami sono appese centinaia di zucche intagliate che illuminano la scena alla luce delle candele. 
Ma ecco comparire Pip in fondo alla cava. Non può correre, fa fatica e parla con un'esile vocina. Mentre arranca per raggiungere la casa, un'ombra lo porta via senza un fiato e Mr. Moundshroud propone ai ragazzi urlanti e preoccupati di volare a salvarlo. 
Inizia così un viaggio grottesco e surreale lungo i secoli alla ricerca delle origini della festa di Halloween, per poter capire come la paura della morte e il ricordo dei defunti sono cambiati nel tempo, ma soprattutto all'inseguimento di Pip, rapito da forze misteriose, sempre sfuggente e bisognoso di una mano.


E' il primo Bradbury che leggo. Ho Fahrenheit 451 in lista d'attesa, ma è un periodo in cui mi trascino dietro letture iniziate secoli fa (e per le quali non mi sono ancora arresa) e avevo bisogno di qualcosa di breve per tentare di uscire dal ristagno, così ho preso in mano questo libercolo che aspettava da tempo di essere letto.
E' carino. E' una lettura veloce e divertente e ben si adatta ai suoi giovani, vivaci e curiosi protagonisti, però non mi ha entusiasmato. 

Il linguaggio è espressivo e ricco di metafore. Talvolta ne vengono fuori periodi davvero ingegnosi e freschi, ad esempio:
Intanto le assi di legno del portico gemevano e si curvavano sotto il loro peso, minacciando a ogni movimento di cedere e di precipitarli in chissà quale abisso sottostante infestato di scarafaggi. Le assi, intonate come le corde di un pianoforte, cantavano i loro misteriosi do-re-mi sotto le scarpe grosse dei ragazzi. (p.20)
oppure
I ragazzi caddero. Coi piedi colpirono il suolo come una gragnuola di castagne. (p.60)
o ancora
Scoprirono di essere in mezzo a un cimitero abbandonato, senza luci. Solo lapidi, che sembravano grandi torte nuziali glassate dalla vecchia luna. (p.109)
Altre volte la scelta dei vocaboli rende la descrizione degli eventi astratta e difficile da cogliere, ho dovuto rileggere le frasi di quando in quando perché non avevo ben capito cosa stava succedendo.
Inoltre la traduzione di Annalisa Mancioli (Fabbri Editori del 1994) mi è parsa un tantino datata e qualche volta discutibile: l'originale gargoyle è stato tradotto con grottesca, mentre Thanksgiving (la festa del Ringraziamento) è rimasto in inglese e la parola polvere ricorre fin troppo spesso in poco più di centoventi pagine; un nota chiarisce che la Ballata di Natale (Christmas Carol) è una novella di Charles Dickens, un'altra informa il lettore che Quasimodo è un personaggio di Victor Hugo, un'altra ancora spiega che le pinatas corrispondono in italiano al gioco della "pentolaccia" (p.108). Ma va'! 
Ogni tanto Bradbury inserisce delle canzoni o delle poesie che in originale sono quasi sicuramente in rima e purtroppo la musicalità del testo va a farsi benedire con la traduzione, ma per questo c'è davvero poco da fare :(


L'albero di Halloween del titolo ha poco a che fare col resto della narrazione (e non è un titolo inventato dall'editore italiano perché in inglese è proprio The Halloween Tree), o meglio, compare all'inizio e alla fine ma è solo un simbolo di scarsa importanza ai fini della storia, che offre più che altro riflessioni sulla morte, anzi, sul modo in cui la morte è stata diversamente percepita dall'uomo nel corso del tempo.


Pipkin fa un'entrata in scena stupenda. Viene introdotto con una bellissima descrizione:
Pipkin, caro Pipkin, il migliore, il più simpatico dei ragazzi.Come facesse a correre così veloce nessuno lo ha mai saputo. Le sue scarpe da tennis erano vecchie, verdi delle foreste che aveva attraversato, brune dei lunghi percorsi fra le messi di settembre, incatramate sui moli e sulle spiagge dove attraccavano le chiatte di carbone, gialle delle intemperanze dei cani, piene di schegge di steccati. Gli abiti erano quelli dello spaventapasseri, su cui i cani di Pipkin dormivano o giocavano, consumati alle maniche e strappati sul sedere. I capelli? Un porcospino dalle setole biondo-scure, puntate come daghe in tutte le direzioni. Le orecchie? Pura peluria di pesca. Le mani? Impastate di polvere, del buon odore dei terrier, di caramelle di menta e pesche rubate in lontani frutteti. Pipkin. Un connubio di odori, sapori, velocità, di tutti i ragazzi che mai corsero, caddero per rialzarsi e corsero ancora. (p.12)
All'introduzione di Pipkin è dedicato un intero capitolo (comunque breve, tre pagine scarse) e nessuno degli altri ragazzini del gruppo gode di una descrizione tanto minuziosa, anzi, quasi non godono di alcuna descrizione, a parte i riferimenti ai costumi di Halloween che indossano.
E' l'inizio della storia e il lettore si aspetta che, dopo tanta abbondanza descrittiva, Pipkin sarà il protagonista della storia. Invece no. Pipkin compare per dire ai suoi amici di andare avanti nell'esplorazione, poi lo si intravede da lontano nella scena del rapimento e poi di lui si sa poco e niente. Ricompare come un lampo da lontano di quando in quando durante lo strano viaggio che i suoi amici fanno alla sua ricerca e sempre in altre vesti, una volta è un minuscolo cane, una volta è una mummia, una volta il suo nome si legge su un teschio. 
Anche se il giorno in cui Joe Pipkin era nato tutte le bottiglie di Coca-Cola e di aranciata avevano spumeggiato di gioia (p.11), in pratica lui è sempre assente e al suo posto il leader della compagnia di ragazzini diventa Tom Skelton, quello che dimostra un po' di coraggio e si fa avanti per primo quando la fifa dei suoi amici è evidente. Caro Pip, avresti potuto avere una storia tutta tua, ma il tuo creatore ha decretato altrimenti.


I ragazzini sono tanti. Se si esclude Pipkin, che non porta alcun travestimento, i bambini sono ben otto e hanno circa dodici anni. Ognuno indossa un costume diverso: Tom è vestito da scheletro, Ralph da mummia, J.J. da cavernicolo, Wally da grottesca (alias gargoyle), Henry-Hank da strega, Fred da accattone e Georg da fantasma. 
L'abbondanza di bambini e di costumi è giustificata dal viaggio surreale: Mr. Moundshroud li catapulta in epoche e ambienti diversi che spiegano il legame tra i loro costumi, il culto dei morti e la festa di Halloween. E' un'idea carina, solo che, essendo il viaggio un'esperienza di gruppo e facendo i bambini tutti le stesse cose, compaiono spesso elenchi e ripetizioni, una sorta di etcetera virtuale continuato, che si sarebbe potuto evitare solo se i ragazzini avessero sviluppato un'individualità che gli permettesse di essere distinti gli uni dagli altri in maniera chiara anche per il lettore. In molti passaggi regna un generico plurale: in situazioni misteriose e spaventose come quelle legate alla notte di Halloween, il gregge segue il primo che si fa avanti, perciò quello che fa il primo fanno tutti, quello che dice il primo seguono tutti. Solo Tom risalta lievemente perché è il principale interlocutore di Moundshroud, nonché il ragazzino meno fifone.


Nel complesso il libro è carino anche se mi è parso superficiale e un po' confusionario. La carne al fuoco c'era, ma si poteva arrostirla meglio.
Vi lascio con un passaggio divertente dritto dritto da pagina 76:
Grandi fuochi illuminavano l'Europa. A ogni crocicchio, a ogni fienile, ombre nere evocavano gatti dalle fiamme. I calderoni bollivano. Vecchie megere scagliavano maledizioni. I cani frugavano fra le braci. "Streghe, streghe dappertutto" disse Tom, annichilito "non credevo che ce ne fossero tante.""A frotte e a schiere, Tom. L'Europa ne era invasa. Streghe nelle cantine, nei solai, sotto il letto, dappertutto.""Caspita" si pavoneggiò Henry-Hank travestito da Strega. "Streghe autentiche! Potevano parlare ai morti?""No" disse Moundshroud."Evocare il diavolo?""No.""Chiudere il diavolo fra gli stipiti delle porte e liberarlo a mezzanotte?""No.""Volare a cavallo di una scopa?""No.""Far starnutire le persone?""Spiacente.""Uccidere le persone conficcando spilli in una bambola?""No.""Accidenti! Ma allora cosa potevano fare?""Niente.""Niente?" gridarono offesi i ragazzi."Oh, credevano di poterlo fare!"

lunedì 8 giugno 2015

Un po' per volta: Dracula - Capitolo 2

Avevamo lasciato Jonathan quando era appena giunto nel cortile di un edificio nel bel mezzo della notte. Chissà chi sarà mai il padrone di casa? XD
Dal diario di Jonathan Harker (dal 5 all'8 maggio):
L'edificio è un castello e apre il grosso portone un uomo alto e vecchio. E qui c'è la prima vera entrata in scena del conte:
Within, stood a tall old man, clean shaven save for a long white moustache, and clad in black from head to foot, without a single speck of colour about him anywhere. He held in his hand an antique silver lamp, in which the flame burned without chimney or globe of any kind, throwing long quivering shadows as it flickered in the draught of the open door. The old man motioned me with his right hand with a courtly gesture, saying in excellent English, but with a strange intonation:- etc. (p. 18)
E, poche pagine dopo, la descrizione si fa dettagliata:
His face was a strong -a very strong- aquiline, with high bridge of the thin nose and peculiarly arched nostrils; with lofty domed forehead, and hair growing scantily round the temples but profusely elsewhere. His eyebrows where very massive, almost meeting over the nose, and with bushy hair that seemed to curl in its own profusion. The mouth, so far as I could see it under the heavy moustache, was fixed and rather cruel-looking, with peculiarly sharp white teeth; these protruded over the lips, whose remarkable ruddiness showed astonishing vitality in a man of his years. For the rest, his ears were pale and at the tops extremely pointed; the chin was broad and strong, and the cheeks firm though thin. The general effect was one of extraordinary pallor.Hitherto I had noticed the backs of his hands as they lay on his knees in the firelight, and they had seemed rather white and fine; but seeing them now close to me, I could not but notice that they were rather coarse-broad, with squat fingers. Strange to say, there were hairs in the centre of the palm. The nails were long and fine, and cut to a sharp point. (p. 21)
Ricapitolando: un uomo alto, vecchio, pallidissimo e vestito interamente di nero. Con capelli folti anche se stempiato, fronte ampia e sporgente, un grosso paio di baffi bianchi, profilo aquilino con un naso sottile e larghe narici. Con sopracciglia cespugliose che quasi si toccano sopra la radice del naso, una bocca decisa seminascosta dai baffi in una posa quasi crudele, con denti bianchi e aguzzi che sporgono sulle labbra rosse. Con orecchie pallide e appuntite, mento ampio e forte e zigomi sottili ma fermi. Mani anch'esse pallide, ma ampie, ruvide e forti, con dita tozze che terminano in unghie affilate e infine, ciliegina sulla torta, tanti bei peli sui palmi (disgustoso...). 
A questo punto lo strano accento con cui pronuncia l'inglese non è nemmeno la sua caratteristica più peculiare...
Insomma, un intero capitolo di attesa ma poi i  lettori vengono ripagati con una descrizione dettagliatissima del personaggio che dà il titolo al romanzo. Manca solo il numero di scarpe e poi si sa proprio tutto! Io ho trovato interessante il fatto che non ci sia alcun riferimento agli occhi, notoriamente lo specchio dell'anima e riflesso della verità.

A questo punto è doverosa una rapida carrellata di foto per dare un'occhiata ai vari volti che ha assunto l'ormai celebre conte nel corso degli anni. 



Per primo abbiamo Max Schreck nei panni del conte Orlok (alias Dracula) in Nosferatu il vampiro del 1922.
Pallore, abiti neri, denti aguzzi, unghie affilate, orecchie a punta ci sono tutti.
Bela Lugosi nel primo film Universal dedicato a Dracula (1931). Ormai una figura classica entrata nell'immaginario collettivo (i capelli brillantinati, il panciotto bianco e il colletto rialzato).
Qui il conte ha l'aria di un uomo normale, seppure eccentrico. Giacca nera a parte, questo Dracula si discosta parecchio da quello del buon vecchio Bram.

Christopher Lee ha interpretato Dracula in ben otto dei nove film Hammer dedicati al conte, in un arco di tempo che va dal 1953 al 1973 (vent'anni!), oltre a un altro paio di film in produzioni successive.
Quando non snuda le zanne ha l'aria di un uomo distinto, decisamente più orientato verso il Dracula di Lugosi che quello di Schreck.



Klaus Kinski in Nosferatu, principe della notte del 1979. Non serve sottolineare che la pellicola è un remake del film del 1922 e che questo vampiro è quasi identico a quello di Schreck.


Il conte di Gary Oldman nel Bram Stoker's Dracula di Francis Ford Coppola (1992).
E' vecchio, pallidissimo, capellone anche se stempiato e con una fronte bella ampia. Le unghie sono affilate e, anche se da questa foto non si vede, ricordo benissimo che nel film si vedono chiaramente i palmi pelosi delle mani (mi sa che è l'unico film in cui ci sono). 
Abbastanza fedele anche se non perfetto.


Gerard Butler in Dracula's Legacy (2000) non è decisamente il conte che fa per noi anche perché il film è una trasposizione in chiave moderna. Ci tenevo lo stesso a metterlo per segnalare tutti i principali adattamenti.



Il Dracula di Marc Warren (2006) ha poco del vecchio di Stoker. E' anche vero che però non riguardo questo film per la tv da diversi anni e magari all'inizio compare in forma diversa. Appunto: rivedere.



Il conte nell'ultima fatica di Dario Argento (Dracula 3D del 2012) è interpretato da Thomas Kretschmann, attore tedesco che adoro. 
Devo ancora guardarlo, ma intanto l'abito nero c'è.


Anche questo c'entra poco visto che Dracula Untold (2014) è un prequel del romanzo ambientato nel XV secolo. Quindi Luke Evans interpreterebbe il conte da giovane.


Infine Jonathan Rhys Meyers nel telefilm del 2014. Qui il conte non compare mai vecchio e incontra Jonathan direttamente a Londra. 
Troppo giovane per la nostra descrizione, ma finalmente è un Dracula con i baffi. Certo non baffoni bianchi e di sicuro non ha l'aria grottesca e sinistra che ha nel libro, ma meglio di niente.






Ecco qua i principali conti della cinematografia a confronto con il personaggio di Stoker: certo il caro Bram infila così tanti dettagli che farlo davvero fedele sembra una bella impresa. Penso che aspetterò che compaiano finalmente i baffi bianchi e le sopracciglia cespugliose.


Tornando a noi, Johnny entra nel castello, un edificio vecchio e sfarzoso: l'argenteria, i mobili, le decorazioni sono evidentemente lussuosi e antichi ma ottimamente conservati. Jonathan viene condotto nelle sue stanze, dove trova una cena già pronta; il conte si siede vicino al camino mentre lui cena (il conte dice di aver già mangiato). Jonathan va a letto dubbioso.
Il giorno seguente dorme fino a pomeriggio inoltrato e al risveglio trova un biglietto del conte che dice che sarà assente per affari tutto il giorno (ma va' là!). Esplorando i suoi appartamenti, Jonathan trova una porta che dalla sua stanza conduce a una biblioteca piena di volumi inglesi, un'altra porta è chiusa a chiave. Dopo il suo ritorno, il conte parla del suo vivo interesse per l'Inghilterra e per i costumi inglesi (chiede a Jonathan di correggere la sua pronuncia).
Segue una descrizione minuziosa della proprietà che il conte sta comprando a Londra grazie a Jonathan: 
At Purfleet, on a by-road, I came across just such a place as seemed to be required, and where was displayed a dilapidated notice that the place was for sale. It is surrounded by a high wall, of ancient structure, built of heavy stones, and has not been repaired for a large number of years. The closed gates are of heavy oak and iron, all eaten with rust.The estate is called Carfax, no doubt a corruption of the old Quatre Face, as the house is four sided, agreeing with the cardinal points of the compass. It contains in all some twenty acres, quite surrounded by the solid stone wall above mentioned. There were many trees on it, which make it in places gloomy, and there is a deep, dark-looking pond or small lake, evidently fed by some springs, as the water is clear and flows away in a fair-sized stream. The house is very large and of all periods back, I should say, to mediaeval times, for one part is of stone immensely thick, with only a few windows high up and heavily barred with iron. It looks like part of a keep, and is closed to an old chapel or church. I could not enter it, as I had not the key of the door leading to it from the house, but I have taken with my kodak views of it from various points. The house has been added to, but in a very straggling way, and I can only guess at the amount of ground it covers, which must be very great. The are but few houses close at hand, one being a very large house only recently added to and formed into a private lunatic asylum. It is not, however, visible from the grounds. (pp. 27-28)

Se non è gotico questo... Un luogo isolato, un edificio grande, antico, disabitato, ammaccato dal tempo e architettonicamente eterogeneo, risalente con buona probabilità fino al medioevo e prossimo a un luogo sconsacrato non raggiungibile (perché sigillato). Il tutto circondato da elementi naturali quasi selvaggi (molti alberi ombrosi, un laghetto profondo e un ruscello) e chiuso entro i confini di un solido muro e di un cancello imponente. L'ospedale psichiatrico a due passi è giusto la ciliegina sulla torta :) Potrebbe essere tanto una dimora dal fascino secolare quanto una prigione o un forte, severo, maestoso e terribile. Carfax non ha niente da invidiare al castello del conte immerso nel rigoglio transilvano (appunto: trans-silvano) u.u

Subito dopo la chiacchierata su Carfax, Jonathan trova segnata in rosso su un atlante l'area della casa, assieme ad altri cerchi rossi presso Exeter e Whitby. Ancora una volta il nostro amico passa la nottata parlando del più e del meno con il suo ospite (il conte è interessato a ogni tipo di argomento) e i due si congedano all'alba.

NOTA: Ogni tanto Jonathan ha delle strane sensazioni: inquietudine, nausea, rumori indistinti e un brivido quando si avvicina l'alba.
I was not sleepy, as the long sleep yesterday had fortified me; but I could not help experiencing that chill which comes over one at the coming of the dawn, which is like, in its way, the turn of the tide. They say that people who are near death die generally at the change to the dawn or at the turn of the tide; any one who has when tired, and tied as it were to his post, experienced this change in the atmosphere can well believe it. (p. 29)
E ancora:
[...]there is something so strange about this place and all in it that I cannot but feel uneasy. (p. 29)
[...]that vague feeling of uneasiness which I always have when the Count is near. (p. 30)
Si riferisce alle chiacchierate notturne e alla sua nuova routine "giornaliera" con i termini this strage night-existence (p. 30)
Finalmente comincia a sospettare qualcosa (un po' lento il nostro Johnny): 
I have only the Count to speak with, and he!- I fear I am myself the only living soul within the place. (p. 30)

Fino a qui la descrizione del viaggio in treno e poi in carrozza, quella dei paesaggi naturali e anche la descrizione del castello sono fedeli nel film di Coppola, ma davvero fedelissima è la rappresentazione degli atteggiamenti del conte, addirittura certe battute sono prese pari pari dal romanzo, lo dimostra la scena di cui parlo ora.

Il mattino seguente, mentre si sta radendo, Jonathan, che non se ne accorge, è raggiunto dal conte ma, non vedendolo riflesso nello specchietto da toilette, si spaventa quando il suo ospite parla e si taglia con il rasoio. Per un attimo l'atteggiamento di Dracula alla vista del sangue si fa selvaggio, ma si blocca all'improvviso quando intravede il crocifisso al collo di Jonathan. Gli prende il rasoio dalle mani e lancia fuori dalla finestra lo specchietto con un pretesto (è un simbolo di vanità). 
N.B. Esplorando un po' l'edificio, Jonathan si era accorto che non ci sono specchi in tutto il palazzo.
Behold!:


Quando Jonathan si dedica ancora una volta all'esplorazione del castello, trova moltissime porte ma tutte chiuse (il conte gli aveva detto che poteva entrare in ogni stanza del castello purché la porta non fosse chiusa a chiave). Le uniche vie d'uscita sono le finestre, ma il castello sorge sopra a un precipizio e uscire dalla finestra è sinonimo di morte certa. Oltre il precipizio ci sono solo boschi. Nessuna porta del castello conduce a un'uscita. Jonathan si rende conto di essere prigioniero (no, non sei in Matrix, cicci, non è tutto nella tua testa...).


Ecco qua. Ci ho messo un po' a scrivere di questo secondo capitolo ma c'era davvero tanto da dire! Stay tuned per continuare a seguire le avventure del giovane Harker in Horrorland :D