domenica 22 gennaio 2017

Il processo di Verre

In realtà non avevo alcuna intenzione di tuffarmi in Cicerone. Ho il mio bel mucchio di classici latini da smaltire e Cicero, qui, non era nella lista. Però l'avevo comprato lo stesso, un libretto sottile (pp.127) che costava due lire. Il testo di cui si parla è Il processo di Verre. Orazioni I e II, in I classici del pensiero libero. Greci e latini, pubblicato nel 2012 come inserto del Corriere della sera e ripreso dall'edizione Rizzoli. Testo a fronte, traduzione di Nino Marinone.

                               

Dal 73 al 71 a.C. Gaio Verre fu propretore della Sicilia. Durante i suoi tre anni di governo quella provincia andò in malora: estorsioni a scapito dei cittadini, torture, processi e condanne a random, spoglio di templi e monumenti cittadini, incuria di città, flotte ed esercito, esili, stupri e quanto di peggio si possa immaginare. Roba al livello del Catilina di Sallustio.
Nel 70 a.C. Cicerone accetta di rappresentare il popolo della provincia in una causa contro Verre su grande insistenza dei siciliani, che lo conoscevano perché era stato questore laggiù cinque anni prima.
All'epoca Cicerone era giovane (36 anni) ma già noto per aver vinto delle cause di un certo rilievo, sempre però nel ruolo di difensore.

Da subito Verre fa ostruzione. Si prende a difesa un avvocato di grido, Quinto Ortensio Ortalo e, per guadagnare tempo, manda un altro avvocato, Quinto Cecilio (un signor nessuno per noi oggi), a reclamare la causa per sé, adducendo come motivazioni l'essere siciliano, al contrario di Cicerone, l'essere stato personalmente offeso da Verre (chiaramente non abbastanza da rifiutare il suo denaro) e di essere stato questore sotto Verre, quindi conosceva i suoi metodi e le sue colpe.

Il libretto di cui vi parlo contiene questa divinatio con cui Cicerone si dovette guadagnare il diritto ad accusare Verre. Inutile dire che la causa venne assegnata a lui e che se c'è qualcuno che sa come offendere e distruggere gli altri con grazia ed equilibrio, quello è Cicerone.
"Ma tu, Cecilio, che possibilità hai? in quale occasione o in quale faccenda hai dato agli altri qualche prova, non solo, ma ti sei assunto una responsabilità personale? Non ti viene in mente quale difficoltà comporti sostenere un processo penale? esporre l'intera vita di un altro, e presentarla non solo alla mente dei giudici ma anche alla vista e alla considerazione di tutti? difendere il benessere degli alleati, gli interessi delle province, la forza delle leggi, la serietà dell'amministrazione giudiziaria? Apprendi da me, poiché questa è la prima volta che ti si presenta l'occasione di imparare, quante doti deve avere chi accusa un altro" (p.25)
'Sto sfigatissimo Cecilio, lo fa a brandelli e trova anche il modo di vantarsi della propria bravura e integrità!
"Capisco quanto sia insidiosa e difficile la situazione in cui  mi trovo; infatti ogni forma di presunzione è odiosa, ma in particolare è certo la più fastidiosa quella a proposito dell'ingegno e dell'eloquenza. Perciò non dico nulla del mio ingegno: non c'è nulla che io possa dire, né, se ci fosse, lo direi; infatti, o mi basta l'opinione che si ha di me, qualunque essa sia, oppure, se è scarsa, non posso accrescerla facendone menzione." (p. 31)
Una volta vinto il patrocinio della causa, Verre, diciamo pure cagato in braghe, comincia a spargere mazzette a destra e a manca senza pudore. Boicotta la scelta dei giudici, le date del processo, la candidatura di Cicerone a edile, compra o intimidisce testimoni e cerca perfino di corrompere Cicerone stesso! 'mazza che faccia tosta!
Al nostro avvocato vengono assegnati 110 giorni di tempo per raccogliere prove e preparare l'accusa. Durante quell'inverno particolarmente freddo, Cicerone parte per la Sicilia e in soli 50 giorni se la gira tutta a piedi a caccia di testimoni.
Tornato a Roma il dibattimento viene continuamente rimandato, anche perché tra l'estate e l'autunno c'erano un sacco di festività durante le quali i processi erano sospesi. Dopo aver fatto i salti mortali per ottenere una giuria composta da uomini integerrimi, si rischiava di finire nell'anno successivo e sarebbe stato un grosso problema, visto che con il cambio d'anno venivano anche sostituite diverse cariche pubbliche, ci sarebbe stato un cambio di giurati e quelli nuovi sarebbero stati quasi sicuramente corrotti dal denaro di Verre.

Per giungere al dunque in fretta, Cicerone, invece di esporre le sue tesi a più riprese, rischiando continue interruzioni, punta il tutto per tutto in un unico discorso breve ma incisivo. Questa Actio Prima costituisce la seconda parte del mio libretto.
"Vi farò una confessione, giudici. Gaio Verre, è vero, mi ha teso molti agguati per terra e per mare: li ho respinti in parte con la mia attenzione, in parte per interessamento devoto e cortese di amici. Tuttavia non mi è mai sembrato di affrontare un rischio così grave e non sono mai stato tanto spaventato come ora al momento del processo. E non mi impressiona tanto l'aspettazione per la mia accusa e l'affluenza di sì grande folla (circostanze che mi rendono nervoso) quanto le scellerate insidie di costui, che egli tenta di  mettere in atto contemporaneamente contro di me, contro di voi, contro il pretore, contro gli alleati, contro le nazioni estere, contro la classe senzatoriale, contro il prestigio stesso del senato. Egli infatti va ripetendo queste dichiarazioni: avrebbe da temere chi avesse sottratto quanto bastava a lui solo, ma lui ha rubato tanto che può bastare a molti; non esiste probità così integra che il denaro non possa travolgere, non esiste luogo tanto fortificato che esso non possa espugnare." (p. 71)
"Questo è il processo in cui voi giudicherete l'imputato, il popolo romano giudicherà voi. Con quest'uomo si stabilità se è possibile, con una giuria formata da senatori, condannare un individuo gravemente colpevole e molto danaroso" (p. 111)
A questo discorso seguirono nove giorni di testimonianze dei crimini di Verre. L'imputato perse ogni speranza di assoluzione e, ancor prima della fine del processo, pensò bene di far sparire gran parte delle sue ricchezze e di darsi all'esilio volontario. Cicerone vinse la causa, ma il risarcimento che Verre dovette pagare furono briciole in confronto a quanto aveva estorto.
Il resto delle argomentazioni preparate da Cicerone non fu mai pronunciato in aula e l'Actio Secunda, comprendente altri cinque discorsi, vide la luce solo sui manoscritti.

Vecchia e nuova copertina dell'edizione BUR contenente sia l'Actio Prima che l'Actio Secunda.

Ora, tranne brevi passaggi per curiosità linguistica e deformazione personale, ho letto il testo in traduzione italiana, perché il mio latino non è mai stato abbastanza buono da tradurre ad occhio e per non perdere il filo del discorso durante la lettura.
Anche con una miriade di subordinate la chiarezza del discorso è mirabile e la quantità e l'uso delle figure retoriche fanno paura: ripetizione, climax, preterizione, prolessi, domande retorche, expolitio e chissà che altro mi sono persa ad aver letto in italiano!

A scuola Cicerone è un obbligo, versioni su versioni di testi giudiziari che, assieme ai rapporti di guerra di Cesare, possono rendere le ore di latino tedio infinito, al pari della mole di tabelle di declinazioni e coniugazioni da memorizzare.
Però poi arrivano i momenti come questo: è la seconda volta che mi ricredo su un autore studiato a scuola, a pezzi, per dovere. Non che Cicerone quella volta mi stesse proprio sulle balle (ma Manzoni sì), ma non era nemmeno interessante quanto un poeta o un narratore. Rivalutare e finalmente riuscire a vedere ciò che c'è di bello dove prima sembrava tutta palude dà un sacco di soddisfazione. Vale la pena dare seconde chances, provare per credere :D

sabato 14 gennaio 2017

Nuovo Book Tag - Parte 3 (di 3)

Sono sei mesi che non metto mano al bloggo. Mea culpa. Non ho pubblicato niente ma ho lavorato ad alcuni post ancora in bozza, che finora non ho trovato il tempo/la voglia di ultimare. Il piano è quello di pubblicarli tutti nel 2017, spero proprio a un ritmo più rapido di un post ogni 180 giorni -_-'
Il nuovo piano d'azione inzia con una fine, quella del book tag in tre parti che avevo iniziato qui e proseguito qui. Enjoy the reading!


Porti i libri dappertutto o li tieni al sicuro in casa?

Dipende da com'è fatto il libro. Libri con copertine morbide o molto sottili tendono a rovinarsi facilmente se scarrozzati di qua e di là in borsa, quindi preferisco lasciarli a casa. Libri con copertina rigida posso portarli in giro senza problemi, se hanno la sovracoperta, quella resta a casa ad aspettarli, tanto la metto comunque da parte quando comincio a leggere un libro. 
Mi porto sempre in ufficio un libro o due (sottili, altrimenti pesano) da poter leggere durante la pausa pranzo e, per evitare che gli angoli si pieghino e le copertine si graffino, dentro alla borsa li tengo in un sacchetto di plastica resistente. Proprio per la questione del trasporto ho differenziato la lista dei wannaread in "libri che posso portare in giro" e "libri da leggere a casa", così quando finisco un titolo ho già una rosa di candidati distinti per delicatezza dell'edizione, per così dire. Gli Einaudi Stile Libero, i Tea, i Neri Pozza, gli Oscar classici e i Bestsellers si rovinano alla velocità della luce, perciò se ne stanno buoni buoni a casuccia ad aspettare il mio ritorno.
Ho degli e-book anche nel cellulare. No, non ho proprio alcun problema a leggere su uno schermo tanto piccolo; no, non mi disturba la retroilluminazione (se è per quello leggo pure fanfiction al pc e, tranne periodi di forte stress agli occhi, in genere non mi fa né caldo né freddo); no, i caratteri minuscoli non sono un ostacolo, i lemmi del mio vocabolario hanno le stesse dimensioni.
Insomma, non ho problemi a portarmi in giro i libri, ma preferisco che non debbano subire maltrattamenti per la mia voglia di leggerli XD


Qual è il libro che ti hanno regalato che hai gradito maggiormente?

Se escludiamo i libri regalati che ho effettivamente scelto da me (perché mi hanno regalato un buono da spendere in libreria o perché individuati da una lista di titoli che mi era stata richiesta), i regali veri sono a sorpresa. Chiariamoci: regalare un titolo a sorpresa è molto più difficile che in altro modo, ma io apprezzo qualsiasi tipo di regalo libroso, se non altro per il pensiero (molto meglio se mi regalate libri invece di cianfrusaglie).
Detto questo, le soprese migliori penso siano arrivate da mia madre. In vita mia mi avrà regalato sì e no tre libri, lei non legge narrativa, è più una che sfoglia guide di viaggio, per lei i libri senza fotografie hanno poco senso e non ha mai capito la mia passione per la lettura. Però un anno (sarà stato il 2003) per San Nicolò mi regalò un pacchetto con Eragon cartonato e mousepad con illustrazione di copertina. Ora, a casa mia non c'è la tradizione di farsi regali per San Nicolò, ci buttiamo anima e corpo sul Natale per quello, quindi era già strano che mi avesse fatto un regalo, ma lei scelse un libro e per di più un fantasy, genere che adoro. Sarà stato un caso? Aveva visto il cofanetto regalo e aveva pensato che per una festa ci stava bene? L'avrebbe preso lo stesso se nel cofanetto ci fosse stao un giallo o un libro di altro genere? Probabilmente sì, ma non importa, anche se Eragon non rientra tra i miei libri preferiti, anzi, non ho nemmeno finito di leggerlo, fu ugualmente una bellissima sorpresa.
Tempo dopo la mamma fece di nuovo la stessa cosa, solo che stavolta mi regalò per Natale il volume 3 del Ciclo di Belgariad di David Eddings. Okay, era l'ultimo volume di un ciclo che non avevo nemmeno ancora comprato, ma era un libro fantasy e tanto mi bastava.

Altri regali degni di nota sono stati:




Il mago di Ursula LeGuin, emerso come per magia da un borsone di libri giunto a me da amici di amici di amici che volevano disfarsene. Nel resto della borsa c'erano gialli e libri avventurosi per ragazzi, questo era l'unico fantasy, il primo che lessi e il primo che amai;




Elogio della matrigna di Mario Vargas Llosa. Non era neanche lontanamente in wishlist, mi interessava poco e per molto tempo lo tenni lì senza leggerlo. Poi lo aprii e ringraziai di nuovo chi me l'ha regalato;






Le lettere di Berlicche di Charles Lewis. Come sopra: non mi interessava per niente, io non l'avrei mai comprato, anche perché Il nipote del mago, sempre di Lewis, non mi era piaciuto granché ed era un autore che non avevo intenzione di approfondire. Ma l'ho letto il mese scorso e l'ho trovato molto interessante, urge secondo ringraziamento anche per questo libro;





Spada nella tempesta di David Gemmell. Il giorno del mio compleanno di qualche anno fa scartai un pezzo di cartone con su scritto questo titolo. Mi spiegarono che il libro doveva ancora arrivare perché, essendo fuori catalogo, era stato acquistato su eBay ed era in viaggio verso la sua destinazione finale. La maggior parte della gente esce il giorno prima e va in libreria a cercare qualcosa da regalare, quindi lottare con la scarsa reperibilità di un titolo è un regalo più che gradito (poi, ancora una volta, un fantasy);





Possession. A Romance di Antonia Byatt. Si tratta dell'edizione in lingua inglese di uno dei miei libri preferiti. Un'amica l'ha scovato in una libreria dell'usato in Francia e, trattandosi di una bella edizione (tascabile e con una copertina stupenda), sapendo che è un libro che ho amato e che leggo anche in inglese, la mia amica ha pensato a me e mi ha fatto veramente felice :)




Ricapitolando, i migliori libri regalati sono tali perché A- il libro mi è piaciuto contrariamente alle mie previsioni, o B- il libro può essermi piaciuto o meno ma la persona che me l'ha regalato ha fatto uno sforzo per farmi contenta.


Come scegli un libro da regalare?

Regola numero 1: pensare alla persona che leggerà il libro. Non scelgo libri a caso ma cerco di selezionare titoli che potrebbero interessare alla persona cui sono destinati. Quali sono i suoi interessi? Che lavoro fa/cosa studia? Ha degli hobby? Agisce secondo una qualche filosofia di vita? In che modo pensa? Sarebbe in grado di apprezzare qualcosa che non conosce o è meglio andare sul sicuro e scegliere argomenti o autori che già conosce? Dipende.
Un po' di esempi.
Mio padre adora lo sfavillio delle nuove tecnologie. Tutto ciò che sembra minimale e futuristico ha un ascendente su di lui, non importa quanto possa essere inutile, se è nuovo gli piace. Ecco perché apprezza la fantascienza. Ma non sci-fi qualunque (genere vastissimo), a lui piace la fantascienza avventurosa, perché concepisce la letteratura e il cinema solo come intrattenimenti e niente più, quindi ovviamente non gli regalerò mai Stanislaw Lem. In compenso gli è piaciuto il ciclo di Tschai di Jack Vance.


Mia zia è innamorata dei romanzi storici. Più che gli affreschi di un'epoca, le piacciono le biografie, seguire la vita di uno o pochi altri protagonisti il più a lungo possibile. Ancora meglio se il libro è incentrato su una donna o se tratta anche della condizione femminile. Quindi in genere le regalo storici o biografie romanzate con protagoniste donne (ce ne sono a tonnellate nel catalogo Neri Pozza). La maggior parte delle volte ci ho azzeccato.
Mia madre non è una gran lettrice. A lei piacciono le piante, i viaggi e negli ultimi anni ha sviluppato un interesse per i musei e le mostre d'arte. Non avendo compiuto studi umanistici, l'arte per lei è un argomento sconosciuto ma affascinante, comincia a volerne sapere di più. Questo Natale le ho regalato un libro illustrato su Monet (che a me neache piace) che riunisce la sua passione per i fiori e i giardini (è andata anche in visita a Giverny) a quella per gli impressionisti. Regalo apprezzatissimo.
Ad amici che scrivono poesie ho regalato poesie, a chi si interessa di Oriente e questioni internazionali ho regalato la testimonianza di una ragazza fuggita dalla Corea del Nord (Park YeonMi La mia lotta per la libertà), a un amico patito di filosofia (e che ha già letto molto sull'argomento) e amante della sci-fi ho regalato Frankenstein di Mary Shelley (e lui in cambio mi ha regalato Le lettere di Berlicche). Tutti regali che hanno riscosso successo, quindi direi che il mio metodo funziona.
Chiaramente bisogna tener conto di un altro paio di fattori. Per primo la disponibilità del libro: se non è in commercio è necessario ingegnarsi per regalare il libro giusto. O si cambia titolo, o si cerca usato oppure (non l'ho ancora mai fatto, ma per certi titoli e certe persone sarei tentata) si sceglie un libro libero da copyright e lo si stampa e rilega, davvero bello se si sceglie un testo prenovecentesco, così si regala una sorta di ristampa anastatica personalizzata e resta solo da scegliere una copertina in accordo con caratteri e impaginazione. Un'idea azzardata ma di grande effetto.
Poi io ho una grande fortuna: sono in grado di farmi un'idea abbastanza chiara del libro (del tenore, dell'atmosfera) senza aver effettivamente letto il testo. Magari leggo un estratto o raccolgo informazioni, leggo commenti e recensioni e, da tutto questo, riesco a capire se il libro potrebbe piacere non solo a me, ma anche ai destinatari del regalo. Quindi riesco a regalare anche libri che non ho letto. E piacciono. Yay!


Quando un libro ha delle note le leggi o le salti?

Le note si leggono. Sempre. Innanzitutto è meglio distinguere tra diversi tipi di note.

Romano Guardini, Studi su Dante,
Brescia, Morcelliana, 2008, p.164



Ci sono le note con riferimenti bibliografici: sì, quelle le leggo. La bibliografia è fondamentale se il libro mi sta piacendo e voglio approfondire l'argomento. Prima dell'università non avevo compreso appieno l'utilità di queste informazioni, ma, dopo aver scritto due tesi, posso dire che sono oro colato.



Susanna Clarke, Jonathan 
Strange & il Signor Norrell,
Milano, TEA, 2007, p.349





Ci sono le note con le spiegazioni del testo, di solito aggiunte dal traduttore o dal curatore: anche quelle le leggo. Non sempre le spiegazioni sono utili, a volte le note dicono cose scontate o risapute (almeno per me), ma come faccio a saperlo se non leggo la nota per intero? Ergo, me le leggo e, se sono fortunata, mi raccontano qualcosa di nuovo che non so.



Domenico De Robertis, Cantari 
antichi, in Studi di filologia 
italiana, XXVIII, 1970, p.113




Ci sono le note con le varianti lessicali (mi riferisco alle edizioni critiche). Inutili per la stragrande maggioranza dei lettori, funzionali se si intende leggere l'opera con un approccio critico, per ricostruire il testo nella sua forma originale, o comunque quella più vicina all'intenzione dell'autore, spogliandolo di errori di traduzione, stampa, copiatura. In genere queste note non mi interessano, ma quando vedo l'apice della nota, finisco sempre per buttare l'occhio a fondo pagina (o alla fine del testo) per vedere se ci trovo qualcosa di stimolante.




Poi ci sono le finte note, o meglio note scritte dall'autore che sono parte integrante del testo. Il contenuto della nota è un approfondimento, quindi materiale importante per la comprensione dell'opera nel suo insieme, non si tratta di roba "a parte", non è un surplus sorvolabile, ma un altro pezzetto di libro che, per motivi di organizzazione del testo, creazione del punto di vista etc., l'autore ha ritenuto saggio infilare da qualche altra parte.
Esempio perfetto di questo tipo sono le note di Jonathan Strange & il Signor Norrell di Susanna Clarke: alcune note propongono aneddoti sui personaggi oppure fiabe o leggende create per dare profondità all'universo di John Uskglass. Sono tra le parti più belle di un libro fantastico, saltarle sarebbe sacrilegio (per di più alcune sono molto lunghe, anche due o tre pagine, quindi è chiaro che sono importanti ed è il caso di leggerle).

Jonathan Strange & il Signor Norrell, op. cit., p. 284.
Un esempio degli aneddoti e delle fiabe che la
Clarke ha inserito in nota per arricchire l'opera.

Jonathan Strange & il Signor Norrell, op. cit., pp.428-429.
La Clarke ha anche creato una finta bibliografia
a supporto del suo mondo magico
*u*


Leggi eventuali prefazioni o postfazioni o le salti?

Non ho la sensazione di aver finito di leggere il libro se non leggo tutto, ma proprio tutto. Leggo il frontespizio, il colophon, l'indice, le note bio-bibliografiche, le introduzioni e quindi anche prefazioni e postfazioni. Però prefazioni e introduzioni spesso e volentieri sono zeppe di spoiler, specialmente nel caso di classici della letteratura (dove si trovano anticipazioni sul finale perfino nella sinossi in quarta di copertina), perciò le leggo per ultime; una volta finita l'opera, torno indietro e recupero quello che avevo saltato in precedenza. Non solo per gli spoiler, che rovinano la lettura (e, peraltro, non è affatto detto che, poiché un libro è un noto classico, il lettore ne conosca la trama, i personaggi o il finale), ma anche perché introduzioni e prefazioni offrono un'interpretazione del testo o una chiave di lettura. Io preferisco leggere il libro e farmi un'idea mia prima di affrontare quelle degli altri (e magari poi condividerle o farle mie), non voglio essere influenzata ancora prima di avere la possibilità di riflettere personalmente su quanto letto. E' un po' come guardare il film prima di leggere il libro: ci si preclude la possibilità di immaginare storia, ambienti e personaggi a modo proprio e si adottano quelli degli altri. Invece di godere di due diverse versioni (che in partica diventano due storie differenti), ci si limita a una soltanto, perdendosi metà del divertimento.


Ecco, avevo due cosette da dire ed è stato divertente dirle. Intanto buon anno, lettori!