lunedì 27 giugno 2016

Batman v Superman: Dawn of Justice

Avevo scritto questo post settimane fa e me l'ero tenuto tra le bozze pensando di rifinirlo nei giorni seguenti, ma poi il tempo mi è mancato e alla fine ve lo cuccate così come mi era venuto fuori di getto pochi giorni dopo aver visto il film. Quindi, bando agli indugi, oggi si parla di Batman v Superman: Dawn of Justice.


Fin dal suo annuncio questo film ha scatenato polemiche e previsioni fataliste. Per non parlare di quando Ben Affleck è entrato a far parte del cast nel ruolo di Batman. Non uno dei commenti pre-film che ho sentito/letto sembrava promettere bene e in effetti i crossover possono essere un problema spinoso, questo film in particolare ha dovuto affrontare tutta una serie di fattori sfavorevoli alla sua produzione.
Innanzitutto è una trasposizione, che implica sempre un cambio di linguaggio, qui da quello del fumetto a quello del cinema. Gli adattamenti sono in genere accusati di scarsa fedeltà all'originale e una fetta degli spettatori sono fan fedeli al marchio che possono percepire ogni opera derivata come copia sbiadita o stravolta di un originale perfetto. Occhio ai puristi, fanno paura!
Dopodiché, bisogna ricordare che sia Batman che Superman hanno una lunga storia alle spalle, hanno valanghe di albi, di animazioni, di reinterpretazioni e di altri film che nel corso tempo hanno contribuito a istituire una tradizione sui rispettivi personaggi, un filone che ha selezionato le informazioni da tralasciare, quelle da tramandare e che ha accolto parte delle innovazioni. 
Infine l'unione di due opere parzialmente distinte (condividono lo stesso universo ma presentano personaggi, ambientazioni, toni differenti) deve trovare un punto di raccordo che funga da base comune e deve soddisfare due diversi fandom, oltre al pubblico che si interessa per la prima volta.
Insomma, era un progetto che partiva svantaggiato rispetto a un film con una sceneggiatura originale. Da qui le previsioni catastrofiche.

Detto questo, anch'io mi aspettavo una schifezza, anche perché, diciamoci la verità, l'esperienza recente di crossover della Marvel, The Avengers e il suo seguito, è risultata ottima per il botteghino ma pessima per qualità. Certamente anch'io sono andata a vederli al cinema pagando il biglietto, ma non mi aspettavo bei film (e non li ho avuti). Volevo togliermi la curiosità sorta con tutto quell'hype (pubblicitari bastardi) e godermi scene d'azione, combattimenti ed effetti speciali sullo schermone, dove rendono meglio. 
Lo spiraglio di luce: mi sa che sono una delle poche persone a cui Man of Steel è piaciuto, quindi qualche speranza per me c'era, e non ho mai avuto niente contro Ben Affleck (a questo proposito è giusto dire che a me è piaciuto anche Daredevil e pure quello, oggettivamente, è una patacca, anche se il Director's Cut lo migliora di molto).

Quindi, senza ulteriore indugio dico che Batman v Superman non è così malaccio. Come ho detto più su, pensavo peggio. Molto peggio. Forse complice del giudizio è stata anche la visione, un paio di giorni prima, de Il cacciatore e la regina di ghiaccio, e quello sì che era urendo, proprio mal fatto e noioso.


Il film si apre con una sequenza ambientata durante l'infanzia di Bruce Wayne in cui si alternano il flashback del funerale dei genitori e quello della loro morte. Seguono le vicende urbane di Bruce durante il combattimento devastante tra Superman e Zod, che collega il film alla pellicola precedente. Da qui la trama si sviluppa lentamente, portando in scena la quotidianità del rapporto tra Clark e Lois, l'impatto che l'esistenza di Superman, e più in generale quella di specie aliene ostili, ha avuto sull'opinione pubblica mondiale nonché sulla politica e la rabbia e la frustrazione di Bruce/Batman, già esistenti ma acuite a causa della sua umana impotenza di fronte alla distruzione incontrollata portata dagli extra-terrestri.


Fugacemente compare Diana Prince, la cui vicenda si intreccia per caso a quella di Bruce.
Tutti gli scontri sono relegati nella seconda metà del film, che cambia ritmo diventando molto più dinamico. Sulla trama non dico altro per non fare spoiler e comunque mi sarebbe impossibile un paragone con i fumetti perché, non essendo fan né di Superman, né di Batman, né di Wonder Woman, conosco le loro storie individuali solo superficialmente.

Il pregio maggiore del film è Hanz Zimmer, o meglio, la sua colonna sonora, che riprende i temi di Man of Steel (di cui pure mi avevano colpito le musiche). Gustatevela qua perché merita.
Per il resto ho trovato che Ben Affleck stesse piuttosto bene nei panni di Bruce Wayne, un po' meno in quelli di Batman, anche perché aveva dei costumi bruttini che lo facevano sembrare grosso (e già non è un giunco di suo).


Gal Gadot, alta e slanciata, non mi pareva una buona scelta per una donna procace e tutta curve come Wonder Woman, ma devo dire che alla fine non sfigura. La mia testa la collega automaticamente a Fast & Furious e a Han, il mio personaggio preferito della saga, quindi proprio non riesce ad essermi antipatica (Han <3 <3 <3 ).


Mi è piaciuto Lex Luthor, anche se mi rendo conto che si discosta parecchio dal Lex tradizionale, eppure a me interessa Jesse Eisenberg, mi affascina il suo modo di recitare e spero di vederlo ancora in molti altri progetti.


Invece non ho apprezzato l'Alfred di Jeremy Irons, mi è parso quasi arrogante. Holly Hunter fantastica come sempre e ho apprezzato i cameo di Jeffrey Dean Morgan e Lauren Cohan nei panni di Thomas e Martha Wayne.
Brevissimamente vengono introdotti altri supereroi, gettando le basi per i prossimi film DC: compaiono di sfuggita Aquaman, interpretato da Jason Momoa, Flash e Cyborg. Inoltre Batman conserva nella batcaverna un vecchio costume di Robin:


Mi sa che vado controcorrente, ma secondo me questo Dawn of Justice si meritava una guardata. Niente di imperdibile ma mi ha convinto.


lunedì 20 giugno 2016

Novella degli scacchi

A bordo del piroscafo in viaggio da New York verso Buenos Aires, l'anonimo protagonista della Novella degli scacchi di Stefan Zweig fa la conoscenza di due personalità totalmente opposte, accomunate dal solo interesse per il gioco.
Da una parte c'è Mirko Centovic, semplice e illetterato, lento e silenzioso al punto da risultare irritante nella sua ostinazione, riscattato solo dall'inspiegabile talento scacchistico (campione del mondo in carica) che sfoggia con spregio; dall'altra c'è il Dr. B., affabile e cortese, ciarliero e nervoso, si immischia per caso in una partita iniziata da altri.
Neanche a dirlo, i due finiranno a battersi, bianco contro nero, in una partita che non passerà mai alla storia.
"[...] ma quant'era difficile, anzi, impossibile immaginarsi la vita di un essere umano intellettualmente attivo per il quale il mondo si riduce all'angusto binario del bianco e nero, che nella propria esistenza ricerca i suoi trionfi in un semplice avanti e indietro, destra e sinistra di trentadue pezzi, un essere umano per il quale, in una nuova apertura, muovere prima il Cavallo anziché il Pedone rappresenta già una grande impresa e un misero cantuccio di immortalità nell'angolino di un libro di scacchi - un uomo, un uomo che per dieci, venti, trenta, quarant'anni, senza impazzire, dedica sempre e di continuo tutta la potenza della propria capacità di riflessione al ridicolo compito di mettere all'angolo un re di legno su una tavola di  legno!" (pp.46-47).


E' una novella breve (un centinaio di paginette) e apparentemente priva di equilibrio.
Si può dividere in due parti: nella prima e più breve il narratore introduce Centovic, riportando di seconda mano le informazioni acquisite da un altro passeggero della nave che riassume la vita del campione di scacchi dall'infanzia alla fama; nella seconda il Dr. B. racconta in prima persona il suo incontro con gli scacchi, limitandosi a parlare di una sola stagione della sua vita, però con gran dovizia di dettagli e inaspettata intensità.
Rozzo contro raffinato, terza contro prima persona, summa superficiale contro particolari e pathos. Il tutto si risolve in un finale quasi anticlimatico, non privo, però, di ironia.

Non è esattamente una storia di scacchi. Di scacchi ce ne sono, e parecchi, ma non sono il fulcro della storia, sono un mezzo. Anche se le regole sono quelle che tutti conoscono e lo spazio per giocare si limita pur sempre a sole sessantaquattro caselle, ogni cervello agisce in maniera differente di fronte al gioco degli scacchi e in questo racconto Zweig usa gli scacchi per mettere a nudo due diversi modi di interpretare il mondo, di interagire con la realtà, che più che personaggi diventano tipi umani, emblematici della psicologia di un'intera specie. Centovic rimane l'altro, distante e distaccato; il Dr. B. stimola invece l'empatia del lettore, e alla fine si ha quello che io chiamo l'"effetto alla Dosto" (quando è il libro a leggere il lettore, come capita leggendo, o facendosi leggere, da Dostoevskij): il ritrovare se stessi in personalità totalmente diverse, per il solo fatto di essere umani, di essere fatti e di pensare tutti allo stesso modo (ed è un po' come come la conferma di ciò che già si conosce a cui accennava Calvino parlando del perché i classici della letteratura sono classici).

Probabilmente a suo tempo (composta nel 1942, pubblicata nel 1944) il linguaggio della novella sarà parso ai lettori moderno e un tantino esotico, dato che non mancano termini inglesi come self made man, deck-show, deckchair o remember, già sintomo dell'americanofilia del nostro tempo.
Oggi, dove ci si confronta con un vocabolario zeppo di computer, basket, e-book, snorkeling, T-shirt, quelle poche parole inglesi all'interno della novella mi sono sembrate ancora più moderne, soprattutto se inserite nel linguaggio di Zweig, che suona classico e misurato.

Insomma, a me Zweig è piaciuto :D

P.S. riguardo alla mia edizione, la brevissima introduzione a cura della traduttrice è solo fuffa inutile e la scritta EDIZIONE INTEGRALE in copertina fa davvero ridere per un'opera che non arriva neanche a 130 pagine XD

Buone letture!

martedì 14 giugno 2016

Le ho mai raccontato del vento del Nord

Emmi vorrebbe disdire l'abbonamento a una rivista. E invece la sua e-mail finisce nella casella di posta di Leo. Una risposta tira l'altra ed Emmi e Leo diventano amici di penna di tastiera. Decidono di non parlare l'uno all'altra di niente di concreto su loro stessi, non si parla dell'aspetto o della famiglia, non si parla del lavoro o della casa. Si resta sul vago, si parla di tutto e niente. 
I due arrivano presto a parlare di incontrarsi, ma trovano sempre il modo di evitarlo. Diciamo che si incontrano in maniere indirette e intanto si scrivono con sempre maggiore assiduità. Si cercano quando non si sentono leggono, si prendono in giro, si offendono ma tornano sempre a scriversi.
Fin dalle prime pagine si può immaginare come si evolverà questo rapporto epistolare. Ma non sono tanto sicura si possa prevedere come decide l'autore di farlo finire. 

Durante la lettura ho oscillato tra momenti di divertimento e attimi di intensa irritazione verso questi personaggi che mai e poi mai agiscono come farei io se mi trovassi nella loro situazione. Verso la metà del libro mi stavano decisamente sulle balle e, per ripicca nei loro confronti, mi sono dedicata per settimane ad altre letture. Poi ho ripreso in mano la loro storia e, merito della forma dialogica senza lattosio (cioè altamente digeribile), sono volata prima dell'ora di cena a un finale che mi è piaciuto tantissimo. Sappiatelo: esiste un seguito. Penso che, nonostante l'irritazione residua, in futuro leggerò anche quello, perché Emmi e Leo tutto sommato sono simpatici e vorrei sapere che fine (effettiva) fanno.

Un vero peccato per le mail, cioè le lettere brevi (quando non brevissime) si leggono che è una meraviglia, scivolano via proprio, solo che non sono introdotte dall'indirizzo del mittente e questo fa sì che nei dialoghi serrati si perda un attimo di vista chi dei due sta scrivendo cosa e per recuperare il filo del discorso bisogna tornare indietro di qualche riga per fare mente locale e capire dal contenuto della mail iniziale chi ha iniziato la conversazione. Laborioso e inutile, se si pensa che si poteva risolvere con un piccolo accorgimento.
Altro peccato: le mail sono precedute dal tempo di attesa percepito dagli interlocutori, cioè all'inizio di ogni lettera è indicato genericamente dodici minuti dopo, tre giorni dopo, il mattino dopo etc. senza indicare effettivamente la data e l'ora di ricezione della mail. In questo modo è difficile capire quanti mesi dura la corrispondenza o a che ora della giornata vengono scritte le lettere (una lettera che giunge nel cuore della notte ha un significato diverso da una lettera inviata nel bel mezzo del pomeriggio). Il lettore non ha nessun elemento esterno ai contenuti delle lettere per sapere chi sta parlando, quando, cos'è successo nel "mondo reale" tra una mail e l'altra, come anche per conoscere i personaggi secondari, sempre descritti con gli occhi di Leo ed Emmi. L'intero mondo di Le ho mai raccontato del vento del Nord è filtrato attraverso le loro parole e tutto quello che il lettore può fare è leggere tra le righe per capire quello che i due NON si dicono tra di loro, ma che emerge ugualmente per volontà dell'autore.

Una lettura scorrevole e poco impegnativa che esplora il romanzo epistolare dell'era moderna.

P.S. Sì, effettivamente il titolo del libro è una domanda, anche se non c'è il punto interrogativo XD

sabato 26 marzo 2016

Nuovo Book Tag - Parte 2 (di 3)

Ecco qua la seconda parte del booktag libroso iniziato qui. Enjoy!


11- Di solito quando leggi?

Non ho un momento prestabilito. Qualche volta leggo appena sveglia, senza essere nemmeno uscita da sotto le coperte ancora, prima di colazione. Meno frequentemente leggo prima di andare a dormire: se poi la lettura mi prende non riesco a mollare il libro e faccio sicuramente tardi quando la mattina dopo ho la sveglia presto -_-
Leggo durante gli spostamenti in autobus e durante la pausa pranzo nei giorni feriali. Se è una giornata libera, posso leggere nel bel mezzo della mattina, del pomeriggio o anche per tutta la notte. Leggo anche durante i pasti, se riesco a trovare un libro che resta aperto alla pagina giusta senza richiudersi (lo so, è scortese, ma la mia non è una famiglia abituata al tradizionale momento del pasto tutti insieme). 
Leggo quando ne ho voglia indipendentemente dall'ora, ma, se ne ho il tempo, tendo a leggere per sessioni abbastanza lunghe (minimo un'oretta) e leggo quasi sempre distesa a letto o sul divano <3


12- Presti i libri?

Cerco di evitarlo. Non c'è stata una volta in cui un libro prestato sia tornato indietro nelle condizioni in cui l'avevo visto l'ultima volta. Di solito hanno gli angoli consumati o la costa piena di rughe (cosa che detesto e cerco di non fare perfino con i fumetti). Una volta ho visto un'amica tirare fuori dal suo zaino il mio manuale di storia moderna con la copertina piegata a metà. Mi stavano uscendo gli occhi dalle orbite O_O
D'altra parte l'impulso a prestare un libro quando l'altro sembra sinceramente interessato è forte. Mi fa piacere far conoscere i libri che mi sono piaciuti e condividere l'interesse con altri. E magari poi scambiarci le opinioni. Anche se mi capita di rado con quelli che conosco di persona, perché quasi nessuno legge i titoli che mi interessano e conosco un numero limitato di lettori :(


13- I tuoi amici e familiari leggono?

I miei genitori si chiedono ancora da dove io sia venuta fuori. Nessuno dei due nutre i miei stessi interessi culturali e riesco a far leggere a mio padre un libro ogni paio d'anni quando va bene (ma solo se è fantascienza avventurosa). Mia madre si limita alle guide turistiche e ai manuali illustrati sulle piante, al massimo mi chiede un romanzo rosa o due quando va in vacanza d'estate (ma me li rende in condizioni pietose, cfr. paragrafo precedente).
Gli unici lettori della famiglia siamo io, che ho gusti eclettici, mia zia, che adora tutto ciò che è storico, e mio cugino, che predilige temi di attualità.
Tra i miei amici ci sono diversi lettori, nessuno eclettico quanto me e, chissà perché, quasi nessuno parla spontaneamente delle proprie letture. Le conversazioni librose capitano, ma di solito sono brevi, poco approfondite e perlopiù iniziate da me. Trovo maggiore soddisfazione nel confrontarmi con i lettori on-line, dove posso incontrare lettori accaniti, più varietà di argomenti e opinioni e recensioni approfondite. 
L'ideale sarebbero lettori in carne ed ossa ma è una razza che sembra andare scomparendo, almeno in Italia.


14- Quanto ci metti mediamente a leggere un libro?

Dipende dal libro e dal tempo che gli dedico. Un giorno come molti mesi. Oscillo tra le 30 e le 50 pagine all'ora a seconda della scrittura. Un romanzo rosa o un giallo in genere sono poco impegnativi e spesso brevi, perciò li leggo più rapidamente. Un saggio o un romanzo storico sono per me letture pesanti e procedo lentamente, anche se con interesse.


15- Quando vedi una persona che legge (es. un mezzo pubblico) sbirci il titolo del libro?

Assolutamente sì. Non posso farne a meno. Sbircio anche i titoli sul giornale o sugli opuscoli. Però poi, da vera bastarda, quando sono io a leggere in pubblico faccio in modo che non si veda mai il titolo ^_^


16- Leggi i libri in prestito da amici e biblioteca o solo quelli che possiedi?

In passato mi è capitato di leggere libri in prestito ma non mi sono trovata bene.
Intanto devo stare ultrattenta a non rovinare niente (cioè, faccio grande attenzione anche con i miei libri, ma una costa con le rughe, un angolino consumato, una righetta qua e là possono capitare anche con tutta la buona volontà. Se si tratta di roba mia, pazienza, me ne faccio una ragione, ma cerco sempre di restituire quello che prendo in prestito nelle condizioni in cui è arrivato nelle mie mani la prima volta). Poi sono solita sottolineare a matita i passaggi che mi colpiscono di più, cosa che non posso fare se il libro non è mio. 
Quello che odio di più è, però, avere il tempo contato. I libri della biblioteca di solito si possono tenere un mese (di meno se libri di testi per esami) e, anche se alla scadenza si può rinnovare il prestito (non si può fare se il libro è già stato prenotato da un altro lettore), ho comunque la sensazione di dover leggere di corsa, di avere i giorni contati e mi passa la voglia di leggere. Per i libri prestati da amici non c'è tutta questa fretta ma mi scoccia dovermi continuamente ricordare che non li posso tenere a tempo indefinito e che devo restituirli il prima possibile.
E poi a me piace rileggere, che me ne faccio di un libro in prestito? Ne voglio una copia mia da poter sottolineare e rispolverare a piacimento anche nel cuore della notte. Voglio i libri a portata di mano.


17- Qual è il libro che non sei mai riuscito a finire?

Finire i libri a tutti i costi non è un mio imperativo. Leggo se ne ho voglia, quando diventa pesante o costrittivo non è più divertente. Mi capita spesso di iniziare un titolo, poi magari farmi prendere da un altro e seguire quello, e quando ritorno al primo potrebbe essere passato molto tempo e io potrei essermi scordata i dettagli. A quel punto non ha senso andare avanti senza ricordare elementi fondamentali, tanto vale mettere il libro da parte per ricominciarlo più avanti. Perciò ecco che, da lettrice disordinata quale sono, spesso non finisco i libri alla prima lettura. Restano nel limbo del "prima o poi lo riprendo in mano e arrivo fino in fondo" anche per molto tempo. E sono tanti.
Posso fare alcune menzioni speciali a libri che ho iniziato più volte e che non ho mai concluso.
 La coscienza di Zeno, per esempio: per due volte sono arrivata al capitolo dell'amante e non sono riuscita ad andare oltre. Colpa dei capitoli interminabili in cui basta fare una pausa per perdere il filo del discorso, che va ripreso rileggendo le tre pagine precedenti. Una lettura a gambero, due passi avanti e uno indietro, due avanti e uno indietro. Interessante ma faticoso.
 L'ombra del torturatore di Gene Wolfe: per tre volte mi sono fermata a poche pagine dall'inizio, perché non era mai il momento giusto per quella lettura, che pure mi ispira parecchio e che non vedo l'ora di continuare. Non era il momento giusto, non riuscivo a visualizzare bene le immagini descritte, non mi concentravo. Pura sfortuna. Arriverà il suo momento.
 Il mio nome è rosso di Ohran Pamuk: anche questo preso in mano tre volte e mai arrivata neanche alla metà. Quel poco che ho letto mi piace davvero tanto, ma forse la combinazione di momento sbagliato + scrittura lenta e molto dettagliata mi hanno fatto desistere tutte le volte. E' sempre andata a finire che trovavo qualcos'altro di più scorrevole che catturava la mia attenzione.
 Stephen King: qualche anno fa ho preso in mano Stagioni diverse perché un secolo prima me ne aveva parlato con entusiasmo una persona e mi era sempre rimasta la curiosità. Ho letto con tranquillità il primo racconto, La redenzione di Shawshank, di cui conoscevo la trama avendo visto e amato il film che ne hanno tratto, e poi, durante una vacanza in montagna, in pochi giorni ho letto il secondo racconto, Un ragazzo sveglio, ma è stato deleterio. King scrive benissimo ed è un maestro nel delineare la psicologia dei personaggi, ma la vicenda narrata è terribile. E' stato come guardare qualcosa di orrorifico e insopportabile, solo che non riuscivo a staccarmi, l'interesse morboso per la vicenda e il finale mi hanno quasi costretta a sbrigarmi ad arrivare alla fine per poterlo chiudere e mettere da parte. E' un racconto davvero molto bello, scritto magistralmente, ma alla fine ero disgustata e sconvolta. Ho messo King in pausa indefinita e non l'ho toccato per oltre due anni. Poi un annetto fa ho pensato di riprovarci con Misery, anche questo ampiamente lodato da qualche conoscenza. A un terzo ho perso interesse anche in quello. Questa volta ero mentalmente preparata, ma lo svolgimento lentissimo e angoscioso mi ha fatto desistere ancora una volta. King, per quanto interessante, rende la lettura una pena infinita, mentre io cerco sollievo alla quotidianità e non stress aggiuntivo. Non si creda che non apprezzo libri di argomento tragico, catastrofico o in generale negativo, descrizioni minuziose di impalamenti (cfr. Il ponte sulla Drina di Andric) e orrori simili non mi hanno lasciato sgradevoli strascichi post-lettura, mentre King mi ha un tantino ricordato la sensazione che ho provato leggendo Le memorie dal sottosuolo di Dostoevskij, con la differenza che Dosto mi ha offerto immedesimazione e sicuramente nuove conoscenze su me stessa. Insomma a fine lettura mi sentivo una merda ma è stato utile; mentre a fine lettura di King volevo solo nascondere il libro dove non potevo vederlo e scordarmi di averlo mai letto.
Da brava masochista penso che farò qualche altro tentativo in futuro, perché sì, me le vado a cercare.


18- Hai mai comprato un libro solo per la copertina? Cosa ti attrae della copertina?

Sarei tentata di rispondere di no, ma invece è probabile di sì, almeno una volta o due nella vita, anche se non saprei indicare con quali titoli mi è successo. Ok, non era proprio SOLO per copertina. Se una copertina mi attrae ma poi leggendo la trama scopro che non mi piace per niente, al massimo mi cerco l'immagine on-line e me la salvo sul pc per rimirarla; se però mi affascina la copertina ma mi sembra interessante anche la sinossi, allora è probabile che compri il libro o lo aggiunga in wishlist. Il punto è che vengo attratta da libri molto diversi tra loro e di solito non prendo cantonate, il mio istinto librario funziona bene e raramente ho da pentirmene, quindi quando scelgo un libro (anche per la copertina) il peggio che mi può succedere è che non mi dispiaccia ma non lo trovi fenomenale. Alla fine le opere che ho trovato davvero belle sono una piccola percentuale rispetto al totale di quelle lette e la maggioranza delle letture non oltrepassa la mediocrità (anobiianamente parlando si attesta sulle tre stelline su cinque), però sono comunque letture utili, per evasione e divertimento ma anche perché permettono alle opere migliori di risaltare di più nel panorama delle mie letture. E poi spesso e volentieri le letture che ho più amato sono state lunghe e faticose e non sono in grado di digerirne troppo di quel tipo in poco tempo, carburo lentamente e ho tempi di elaborazione abbastanza lunghi.
Tornando al nocciolo della questione: la copertina svolge un ruolo importante durante la prima scrematura in libreria. Se vado a comprare senza avere in mente titoli o autori specifici, mi lascio attrarre da ciò che l'occhio nota, quindi dalla copertina. Se poi, documentandomi, scopro che la trama mi ispira, l'autore mi piace o i commenti di lettori che ho letto mi convincono, allora quel primo approccio visivo sarà stato utile a farmi scoprire un libro che probabilmente mi piacerà.

Cosa mi attrae specificamente in una copertina? E' più facile dire cosa NON mi attrae.
Detesto le copertine con immagini di film/serie tv tratte dall'opera, è una mossa smaccatamente commerciale che mi fa sentire la pecora che segue il gregge: se decido di leggere un libro è perché penso possa piacere a me, non perché piace a un mucchio di altra gente. Certo leggere i commenti dei lettori aiuta, ma solo in quanto dalle argomentazioni altrui posso capire se apprezzano le stesse cose che piacciono a me o se abbiamo gusti differenti, filtro i commenti che leggo in base al mio interesse e non scelgo arbitrariamente di seguire il commento di qualcuno che non penso condivida i miei interessi. E sì, leggo anche materiale commerciale (e volentieri) perché il numero di vendite non è un fattore che influisce sulla scelta, non direttamente almeno. Se un libro è molto letto, allora molti ne parlano ed è difficile non inciampare in articoli o commenti a riguardo. Quindi è più probabile, rispetto a un libro oscuro e imbucato, che, sentendo molto parlare di un best seller nasca la curiosità e desideri informarmi, se però poi scopro che non mi interessa, chissenefrega di quanti l'hanno letto/comprato/commentato, non ho intenzione di farlo anch'io.
Non mi attirano le copertine con le foto dell'autore o il suo nome scritto più in grande del titolo. Dà più risalto alla persona che a quello che scrive e, per quanto il contesto in cui è stata scritta un'opera (e questo comprende l'identità dell'autore) sia fondamentale per apprezzarla al meglio, preferisco concentrarmi prima sul testo in sé e secondariamente aggiungere altri fattori all'interpretazione.
Non mi piacciono granché le copertine che copiano altre copertine. Un libro di successo vende e lancia un filone di facsimile; e non è detto che i libri si assomiglino per contenuti, magari fanno solo parte dello stesso genere o hanno qualche elemento in comune oppure la casa editrice ha interesse ad inquadrare un certo titolo in un filone che vende meglio e allora copia la copertina di un libro più venduto. Un esempio al volo: la copertina di Tess dei d'Urberville di Oscar Mondadori che scopiazza quelle di Cinquanta sfumature di grigio (anzi, per la precisione di rosso)











Mi piacciono molto le illustrazioni dettagliate (soprattutto quelle delle vecchie edizioni fantasy o le edizioni Bemporad di Salgari), ma anche le copertine che giocano col titolo o col contenuto del libro:





Il conte di Montecristo: una sagoma in controluce con una finestrella con le sbarre che si apre sul petto.










La notte dell'oracolo di Paul Auster: uno scrittore si convince che ciò che scrive diventa reale e si sente oppresso dalla responsabilità del creatore.  In copertina diventa uno sfondo nero sul quale risalta una mano aperta da cui sfugge della sabbia. Quale simbolo migliore della mano per indicare la creazione? Nonché tenere qualcosa nel palmo della mano per la responsabilità.








I misteri di Parigi di Eugene Sue: una strada lastricata illuminata debolmente dalla luce. Del tramonto? Dell'alba? O è semplicemente un strada stretta dove il sole non batte mai direttamente? In ogni caso suggerisce segreti nascosti.





Espiazione di Ian McEwan: una bambina commette un errore infantile che passerà la vita a tentare di espiare. In copertina c'è questa ragazzina meditabonda a piedi nudi. Forse è persa in pensieri frivoli come tutti i bambini o forse riflette seriamente sull'avvenire, su conseguenze, su quello che sarebbe potuto succedere se. Forse sconta una punizione seduta sulle scale mentre guarda gli altri ragazzini che giocano poco più in là. Rimugina.





19 - C'è una casa editrice che ami particolarmente e perché?

Su tutte Fanucci. A quelli di Fanucci perdono i refusi, certe copertine atroci (tipo le più recenti della Spada della Verità o di Mistborn), le saghe iniziate e mai finite (come la riedizione del primo volume del Ciclo di Belgariad pubblicato in TIF Extra con la copertina blu cui non hanno mai fatto seguito i volumi due e tre), la scarsa disponibilità di copie che spariscono alla velocità della luce e la distribuzione che lascia a desiderare, per cui quello che cerco dalle mie parti non si trova mai.
A Fanucci perdono tutto questo perché sono tra i pochi (se non gli unici) a ristampare per le librerie le vecchie glorie del fantasy e della fantascienza, romanzi pubblicati disordinatamente negli anni '70 e '80, e fuori catalogo da decenni (come Michael Moorcock, David Gemmell, Dan Simmons, Harry Turtledove, Jack Vance, Philip Farmer, Frank Herbert).
Li perdono perché cercano di contenere i prezzi di copertina e perché da tempo lavorano per dare risalto in Italia a generi di nicchia e ad autori che meritano. Li adoro per aver scelto Terry Goodkind e Robin Hobb, i cicli minori di Margaret Weis e Tracy Hickman, per Chris Gooding (di cui ho stupendi ricordi d'infanzia), li adoro anche per aver colto la palla al balzo quand'era il momento ed aver pubblicato tanti paranormal romance. Perché hanno scelto di pubblicare l'opera omnia di Philip Dick, per Matt Ruff e per un sacco di autori che non vedo l'ora di leggere.
Ma soprattutto li adoro per il Futuro News, una newsletter cartacea che veniva spedita a casa gratuitamente a chi la richiedeva anni or sono. Quando intravedevo la copertina del Futuro News nella cassetta delle lettere all'improvviso diventava una giornata piena di possibilità, pregustavo il momento in cui avrei potuto strappare via il cellophan e sfogliarmi per bene tutte le anteprime, sbirciare le copertine e consultare attentamente gli elenchi delle pubblicazioni in fondo al volume per segnare a matita i titoli già comprati e quelli da acquistare in futuro. Ancora adesso risfoglio con piacere i vecchi volumi e mi trascino da anni la curiosità su certi titoli (ora di difficile reperibilità). Per anni Fanucci e il suo Futuro News hanno plasmato i miei desideri librari, i miei sogni fuori dall'ordinario, la mia idea del fantastico e del fantascientifico: mi hanno regalato l'immaginazione, per un po', ed è stato un regalo per cui mi sento ancora oggi di ringraziare. Inutile dire che, se abitassi a Roma, passerei i pomeriggi a ciondolare nelle librerie Fanucci.


Fine della seconda parte del gioco. La terza ed ultima sfilza di risposte è in corso di elaborazione e potrete leggerla prossimamente. Buona Pasqua a tutti! :)

lunedì 15 febbraio 2016

Nuovo Book Tag - Parte 1 (di 3)

Ho trovato un altro giochino libroso. Va da sé che mi piace parlare di libri e delle mie abitudini in relazione ai libri, ma mi piacciono anche quiz e questionari, perciò vado a nozze con questo tipo di giochi personali. 
Mi rifaccio al book tag pubblicato su Libroinborsa e diviso in tre parti causa lunghezza; potete leggerle tutte e tre qui, qui e qui.

Che la festa cominci!


1- Come scegli i libri che leggi? Ti fai influenzare dalle recensioni?

Dipende dalle recensioni. Spesso dipende da come sono scritte. Se trovo recensioni corrette e argomentate che spiegano in maniera coerente cosa l'autore della recensione critica e cosa apprezza, allora prendo in considerazione la recensione come seria. Poi però non è detto che se una buona recensione demolisce un libro io decida automaticamente di non leggerlo (o il contrario, una recensione che esalta un titolo non mi spinge necessariamente a leggerlo).
Scelgo basandomi su tanti fattori. Se già conosco l'autore, se mi interessa il genere o l'argomento o l'ambientazione, se il libro è stato pubblicato da una casa editrice o in una collana che ha già pubblicato titoli che mi sono piaciuti. Se gli elementi criticati o apprezzati sono simili a quelli che critico o apprezzo io in altri libri.
Basta un niente per far scattare la curiosità e, nonostante questo, ci sono  libri che non mi ispirano per niente e che non ho intenzione di leggere (ciò non toglie che in futuro potrei cambiare idea e leggerli lo stesso). Capita che mi incuriosiscano libri di cui ho molto sentito parlare o che hanno suscitato polemiche: voglio fare esperienza diretta del testo per poter formulare un mio giudizio senza dovermi per forza rifare a quello degli altri.
Al contrario, spesso suggerimenti diretti di conoscenti mi fanno passare la voglia. E' come se mi sentissi forzata a leggere una volta che il titolo è stato suggerito. Se invece il libro viene  menzionato casualmente durante una conversazione, allora potrebbe incuriosirmi e magari faccio qualche ricerca per informarmi meglio.
Complicato, I know. Ma davvero scegliere è un processo complesso che il cervello fa in pochissimo tempo, bisogna solo riuscire a stargli dietro.


2- Dove comperi i libri? Libreria o on-line?

Entrambi. Online sfrutto i remainders, gli sconti e cerco il materiale di difficile reperibilità o fuori catalogo. Mi scoccia ordinare in libreria, dover aspettare notizie e poi dover andare a ritirare; preferisco fare tutti questi passaggi senza un intermediario fisico (umano), faccio gli acquisti per i fatti miei.
Però mi piace anche andare a zonzo per librerie, tenere sempre d'occhio quali titoli posso trovare in quale negozio, saggiare con mano la consistenza del volume cartaceo, la resistenza della copertina o della rilegatura e la qualità della carta. Mi piace tuffarmi tra gli scaffali dell'usato e uscire dal negozio con le mani sporche di polvere ma con nuovi libri nella borsa: è il gusto della ricerca, come anche quello di scoprire qualcosa di nuovo e inaspettato quando si stava cercando tutt'altro.


3- Aspetti di finire un libro prima di coperarne un altro o hai le scorte?

Montagne di scorte. Pile e pile di roba che ammasso perché mi piace avere scelta, perché compro quando ci sono le occasioni, perché certi titoli spariscono presto dal mercato e, anche se non ho intenzione di leggerli ora, preferisco comprarli subito piuttosto che fare acrobazie più avanti per reperirli. Se non avessi libri in avanzo mi sentirei in trappola, costretta a leggere il solo libro iniziato perché è l'unico che c'è. Una claustrofobia libraria, anzi un'imposizione. Decisamente deterrente alla lettura.
Non ha importanza se alla fine non  li leggerò tutti (non c'è neanche da dubitarne), ma l'idea c'è ed è quella che conta e che mi dà l'illusione di poter leggere tutto prima o poi. Uno per volta non fa per me.


4- Ti fai influenzare dal numero delle pagine quando compri un libro?

Mah, no. Leggo libercoli di meno di 90 pagine come tomi di oltre 1000. Al momento dell'acquisto non fa differenza. Se mi ispira lo compro indipendentemente dalla lunghezza.
Casomai la lunghezza può influenzare il momento in cui leggere un certo libro. Se sono pronta per qualcosa di impegnativo posso buttarmi sui libroni; se ho voglia di qualcosa di veloce o se sono in fase di blocco del lettore, allora è meglio iniziare qualcosa di breve, se non proprio brevissimo.


5- Hai un autore/genere preferito?

Un autore solo no, casomai ci sono alcuni autori od opere che ho adorato, ma limitarsi a uno è troppo restrittivo.

Se si parla di genere forse dovrei rispondere fantasy. Fantasy in senso ampio, includendo anche una marea di sottogeneri. Fantasy è Robert Howard, come Joan Rowling, come Sherrilyn Kenyon, come Terry Pratchett, come Jacqueline Carey, come il Jonathan Carroll di Mele bianche e Zuppa di vetro, come Neil Gaiman, come Robert Holdstock, come Susanna Clarke, come Michael Ende e potrei continuare per altre venti pagine.
Forse addirittura l'epic fantasy è quello che preferisco. Il più classico dei classici. Ho sentito spesso che molti lettori si annoiano a leggerlo perché "è tutto uguale, sempre la solita storia". Forse è proprio quello che piace a me.
Quando ero piccola e nemmeno sapevo cos'era un genere e men che meno cosa fosse il fantasy, a me piacevano le storie con draghi e magia, carri e cavalli, mantelli e spade, nobili e castelli. Mi piaceva quello. Ogni volta che entravo in una storia così, fosse un libro, un film, un cartone, io mi sentivo a casa. E mi fa ancora lo stesso effetto: è come riconoscere il proprio posto, il posto che ha davvero senso anche se ogni universo narrativo segue regole totalmente diverse. Eppure sono tutti accomunati da quel qualcosa che mi calza a pennello. E' l'aria di casa, di giusto, di confortevole.

A ruota segue la fantascienza, un gradino subito sotto. Mi autoanalizzo e oso dire che potrebbero essere i miei generi preferiti perché sono quelli più distanti dalla realtà, sono i meno verosimili e quindi esempi principe dell'evasione. Sono il più lontano possibile l'immaginazione possa andare dal qui e ora, più escapismo di così si muore. Ai seguaci di Freud l'ardua sentenza.


6- Quando è iniziata la tua passione per la lettura?

A casa mia non ci sono grandi lettori. Ci sono lettori occasionali, molto occasionali. Quand'ero bambina non c'erano letture di libri o racconti di fiabe prima di andare a dormire (in compenso c'era una canzoncina sull'uomo nero...).
Quando è iniziata la mia passione per la lettura? Boh. Di sicuro non ricordo un momento preciso.
Eccolo qua. Il camaleonte che
non riesce a cambiare colore.
Ricordo di aver ricevuto in regalo dei libri per bambini. Ricordo che avevo il libro di Kamillo Kromo e che all'inizio delle elementari era ancora troppo difficile per me; ricordo di averlo messo da parte pensando che l'avrei letto più avanti, quando sarei stata più brava nella lettura.
Ricordo di aver ricevuto delle borse di libri usati, scarti di altre bambine, di amici di famiglia che facevano spazio a nuovi testi (borse che possiedo tutt'ora, perché una volta che i libri arrivano in mano mia non se ne vanno più).
Ricordo che, quando andavo alle elementari, ogni tanto (una volta al mese? O forse una volta alla settimana, chi lo sa, il tempo scorre in maniera totalmente diversa quando sei bambino) le maestre ci portavano nella biblioteca della scuola. Era un posto stupendo: un grande salone dal soffitto alto, col parquet scricchiolante e tanti armadi di legno di colori diversi a seconda dell'età consigliata per la lettura, e alle pareti erano appesi galeoni pirata, palme e altre scenografie di cartone delle vecchie recite scolastiche. A quel tempo andava di moda Vampiretto e tanti miei amici andavano pazzi per quella serie. Io veleggiavo verso altri lidi, anche se mi è sempre rimasta la curiosità per quei libri che leggevano tutti e che io ho sempre scansato; so che leggerli ora non sarebbe la stessa cosa, ma ogni tanto ci faccio lo stesso un pensierino.
Vampiretto il maledetto.
Questo è il primo libro di
una serie di ben venti volumi
con le sue avventure.
Ricordo che quando andavo alle medie, all'inizio di ogni anno, ancora una volta il professore di italiano portava la classe nella biblioteca della scuola, stavolta una stanzetta poco più grande di uno sgabuzzino e senza finestre, e lì ognuno doveva scegliere un libro o due da portare in classe e tenere in un armadio come nostra biblioteca temporanea per l'anno scolastico in corso. Chi voleva poteva portare qualche libro da casa per condividerlo con i compagni, riportandolo a casa a fine anno.
In quel periodo c'erano molte lettrici nella mia classe, spesso parlavano delle loro letture e volavano consigli. Cominciai a sentire un qualche spirito di competizione (io che in realtà non sono per niente competitiva, proprio non mi piacciono le gare) e leggevo anch'io, forse per non essere da meno.
In quegli anni avevo anche un'amica che non aveva la televisione a casa (sua madre era molto severa), in compenso la sua stanza aveva un'intera parete coperta da terra al soffitto con una libreria zeppa di volumi e di giochi. Andavo spesso a pranzo a casa sua e passavo lì il pomeriggio e ogni tanto sceglievo cinque o sei libri da prendere in prestito. Ho letto tanti bei titoli per ragazzi presi da quegli scaffali, soprattutto tanti Salani ed E.L.
La seconda media è stata anche il periodo del mio magico incontro con i fumetti e con il disegno. E' decisamente lettura anche quella e ha cambiato il mio modo di pensare, i miei atteggiamenti, il mio gusto estetico. Ha segnato la mia adolescenza per un decennio a venire.

Quindi non lo so bene quando è iniziata la mia passione per la lettura. I miei genitori non sono lettori eppure mi sono ritrovata da subito piena di libri. Ho avuto molte occasioni per leggere, per girovagare per biblioteche e librerie e avevo tempo o, meglio, dopo la scuola ovviamente giocavo e facevo i compiti, ma i miei hanno sempre lavorato entrambi e fino all'ora di cena di solito non ci vedevamo, perciò avevo i pomeriggi per fare quello che volevo, magari da amici, magari a casa dei nonni, magari in giro per città, ma il tempo per leggere l'ho sempre avuto.


7- Leggi un libro alla volta o più libri insieme?

Più libri insieme. Sento il bisogno di avere in ballo più titoli nello stesso periodo, in modo da scegliere di immergermi in un'atmosfera diversa a seconda dell'umore del momento. Per questo di solito sono titoli di generi differenti o con ambientazioni diverse. Mi immergo totalmente e arrivo presto alla saturazione, così poi ho bisogno di cambiare aria, cambiare storia. Quando ho nuovamente voglia della vecchia storia, riprendo in mano il libro che avevo messo da parte. Ovviamente in questo modo ci vuole un po' di tempo in più per finire ogni titolo, sono una lettrice lenta e (spero) attenta e i libri che divoro in poco tempo non sono poi così tanti in un anno. Mi piace prendermi il mio tempo e permettere alla storia di sedimentare nella mente in modo da non dimenticarla subito dopo aver chiuso la copertina (come invece mi capita se leggo veloce). Il più delle volte sono una slow reader. 


8- Se tutti i libri del mondo andassero distrutti e potessi salvarne solo uno, quale sarebbe?

Questa è una domanda da un milione di doppi dollari. Dovrei scegliere il mio libro preferito oppure uno che penso sia significativo per l'umanità o per la storia della letteratura? (Mi è proprio tornata in mente la scena di The Day After Tomorrow in cui si parla della Bibbia di Gutenberg, che, per la cronaca, NON sarebbe il libro che salverei).
Sinceramente non so che libro sceglierei, non riesco nemmeno a scegliere un solo titolo tra i favoriti. Ma una cosa la so: se dovessi leggere un solo libro per il resto della mia vita, ne sceglierei uno bello grosso. Inutile girarci attorno: una volta che il libro finisce, la sua storia è finita e non ce n'è altra, bisogna accontentarsi, perché ogni libro è un'opera unica, un'esperienza unica. Un libercolo sottile, per quanto profondo, toccante o importante, non può durarmi tutta la vita. Preferisco piuttosto un librone immenso: più parole e più pagine hanno maggiori probabilità di offrire varietà, sfaccettature, molteplicità di temi, toni, registri, personaggi, situazioni, linguaggi, ambientazioni. Più varietà e meno chiusura, meno noia, probabilmente più materiale su cui riflettere, da analizzare, da assaporare. Non ho niente contro i libri sottili, mi piacciono, ne ho molti e li leggo volentieri, ma se davvero potessi salvarne solo uno e avessi solo quello da rileggermi per il resto della vita, allora ne vorrei uno pieno zeppo di roba, uno ricco che mi tenga occupata fino alla fine dei giorni.


9- Perché ti piace leggere?

In maniera semplice e onesta, perché non è qui e non è ora. Mi piace leggere perché mentre leggo non sono io, sono qualcun altro, non mi devo occupare di me e dei miei problemi. Posso andare dove la storia mi porta, osservare quello che mi offre, affrontare persone e situazioni in cui sicuramente non mi imbatterò mai nella vita reale. Perché è un mondo parallelo che ha poco a che fare con il mio presente. Anzi, non è un mondo, è un multiverso di interconnessioni, dove ogni libro è un tassello del non qui e del non ora. E' altro e mi piace per questo.


10- La tua libreria è ordinata secondo un criterio o è in ordine sparso?

E' organizzata secondo un ordine che ha senso solo per me XD Tengo insieme titoli di un certo genere (ad esempio tengo il grosso dei fantasy nello stesso posto), una determinata collana (gli Einaudi Stile Libero o i classici Newton & Compton, principalmente per questioni di dimensioni e perché è più piacevole esteticamente vedere vicini libri simmetrici), un autore (tengo insieme i libri di Mika Waltari oppure quelli di Paul Auster etc), un ciclo (la saga dei Mitago, le indagini di Montalbano, i volumi della Confraternita del Pugnale Nero...), una lingua straniera (cerco di tenere tutti nello stesso posto i libri in spagnolo o in inglese). Tengo tutti da una parte i saggi che sono stati testi d'esame all'università, più che altro perché li associo tutti a quella fase della mia vita (un po' come i vecchi libri di testo di quando andavo a scuola) e perché così è facile ritrovarli.
I libri singoli che non hanno legami con altri libri sono messi un po' alla rinfusa in base a quanto fortemente sono interessata a leggerli prima di altri. I libri che sono più curiosa di leggere stanno inevitabilmente a portata di mano (poi non è detto che li legga in tempi brevi...), i libri comprati di recente vengono infilati negli spazietti che riesco a trovare qua e là, senza un ordine preciso, i libri che ho letto e che per ora non intendo rileggere sono relegati in scatole, armadi e sul fondo di librerie imbucate.
Più o meno so dove sta un po' tutto, ma i libri sono tanti, qualche volta ho bisogno di riordinare nel tentativo di trovare altro spazio per i libri nuovi. Ogni tanto mi tocca cercare, scavare, spostare per trovare quello che voglio, ma è normale. La mia libreria ha una simmetria tutta mia, funzionale per me sola.


E con questo chiudo la prima parte del gioco. Nuove risposte ad altre domande librose arriveranno prossimamente :)

sabato 23 gennaio 2016

Bilancio 2015 - Letture 2016

Non seguo piani di lettura né reading challenge. Scelgo di leggere quello che mi ispira di più e a fine anno tiro le somme. Ho una lista di categorie a cui ascrivo man mano le letture e poi guardo quali sono le categorie che riempio più facilmente, quali sono vuote da anni, quali vorrei riempire. Ogni tanto ne aggiungo di nuove. Penso ai libri che mi sono più piaciuti, a quelli che non ho amato affatto, a quelli che meriterebbero una rilettura. Faccio un bilancio che comparo a quelli degli anni passati, aNobii è molto utile in questo.

Nel 2015 aNobii mi dice che ho letto 50 titoli per un totale di 12.074 pagine. Sono numeri che vanno presi con le pinze, perché aNobii tiene in considerazione solo le date di fine lettura e quindi i libri letti per intero; questo vuol dire che un libro iniziato nel 2014 e magari letto per tre quarti in quell'anno, se viene terminato nell'anno successivo verrà ascritto al 2015 e che le letture o riletture parziali, gli spizzichi di capitoli e paragrafi, i libri iniziati e poi abbandonati (anche verso la fine) non rientrano nel calcolo finale. 
Nel complesso i miei numeri dell'anno appena passato non sono male. Considerando che nel 2014 mi sono sentita bloccata e che riuscivo a leggere quasi solo robetta leggera e senza impegno (alias romanzi rosa e m/m), nel 2015 sono un tantino migliorata. Ne leggo ancora molti: li termino in fretta, il lieto fine mi mette di buon umore, sono fantastici per farmi dimenticare per un po' i problemi, intrattenimento puro. E poi sono una romanticona ^\\\^ Però mi è sembrato di starmi riprendendo, molto lentamente come è mio solito.
L'anno nuovo si apre sempre con grandi aspirazioni. I propositi di lettura sono utopici, ma si sa che la speranza è l'ultima a morire, no? E così quest'anno vorrei:
  • in generale leggere di più;
  • riempire le lacune leggendo più classici (anche contemporanei);
  • approfondire la letteratura contemporanea americana e magari anche quella asiatica (categoria immensa, che ho lasciato volutamente indefinita);
  • leggere Shakespeare. In passato ho già letto alcune sue opere, ma tante mi mancano e poi andrebbe letto e riletto e riletto ancora;
  • mettermi il cuore in pace e tornare a leggere saggi come quando studiavo all'università. Li ho sempre trovati letture più impegnative e, quando ero studentessa, avere una scadenza era uno sprone assai salutare per me. Un po' controvoglia e un po' con entusiasmo ho letto saggi che mi hanno stregata e che mi hanno fatto amare argomenti che ora vorrei poter approfondire. Ma io sono sempre stata più per la narrativa e la saggistica per me è pesante, perciò vorrei tornare a fare lo sforzo necessario a digerirla (in tempi non biblici) per poterne sapere di più su una quantità di cose;
  • scrivere molti più commenti su quello che leggo (anche a beneficio di Bluebook) e vincere pigrizia e stanchezza per potermi segnare appunti e impressioni man mano che procedo con la lettura, senza aspettare la fine del libro come faccio di solito (e poi magari mi scordo roba per strada). A tal proposito mi sono comprata un quadernetto simil-Moleskine con tanto di elastico;
  • leggere più fantasy e sci-fi. Sono generi che adoro ma negli ultimi anni li ho messi un po' da parte per far spazio ad altro e ora mi mancano. Anche in questo caso ci sono tante pietre miliari che meritano di essere lette e che negli anni ho recuperato senza mai aprire e sarebbe proprio il caso di iniziare a smaltire un po' di roba.

Ecco. Io non ho né un cane né un gatto, ma le tartarughe vanno bene lo stesso, no?

In breve vorrei leggere Philip Roth, Zweig, Dumas, Conrad, Melville, Hugo (assolutamente Hugo), McCarthy, Dickens, Grossman, Harper Lee, Maurensig, Mo Yan, Donna Tartt, Mirroshades, Steinbeck, Joyce Carol Oates, Philipp Meyer, Wilbur Smith (incredibile! Non l'ho mai letto!), Ursula LeGuin, Heinlein, Dostoevskij (prima o poi tutti quelli di Dosto), Eddings, Dan Simmons, Verne, Michael Ende, Yourcenar, Murakami (ci ho già provato due volte, ma magari la terza è quella buona), Pascoli, Wilde, Manzoni (devo trovare il modo di apprezzarlo al di fuori dell'infelice ricordo scolastico dei Promessi sposi), Chrétien de Troyes, Moorcock, Hemingway, Wilkie Collins, Lovecraft, Stevenson (ho letto La freccia nera ma non L'isola del tesoro, possibile?!), Poe, Salgari (dilemma: torno da Sandokan o dal Corsaro Nero?), DFW, Gemmell, Matt Ruff  e possibilmente Pynchon. 
Vorrei trovare la costanza e la perseveranza di leggere un poema, almeno un paio di raccolte di racconti e qualcosa di Byron, le Rime di Giovanni della Casa e le Operette morali di Leopardi. Vorrei leggere Petronio, Seneca, Apuleio ed Eschilo. Vorrei sapere tutto di tutto sull'indoeuropeo, sugli ittiti, Mitanni, Ebla, l'Epopea di Gilgamesh (ho sempre adorato Enkidu <3). Vorrei dedicarmi allo studio di una lingua che non conosco e alla traduzione di una che conosco. Vorrei tornare a leggere fumetti come una volta. 
Vorrei rileggere Lynn Flewelling, Terry Goodking, Lois McMaster Bujold, Robert Holdstock, Raymond Feist, Robin Hobb, Cornelia Funke, Mary Gentle, Bernard Simonay, Ramon del Valle-Inclan, Weiss e Hickman, Ann Marston, Kevin Crossley-Holland, Brian Jacques, Stieg Larsson, Lynda Robinson, Robert Ludlum, Cassandra Clare e poi leggere avanti i rispettivi cicli. 

Se poi trovassi il tempo anche di guardare tanti film e drama e di giocare un po' di videogiochi arretrati non sarebbe male. 

L'avevo detto che i miei propositi erano utopici. Ma a inizio anno non ci sentiamo sempre tutti sulla buona strada? Si sa che chi ben comincia...